Regioni a SPRECO SPECIALE

ATTUALITA’ – FEDERALISMO PAZZO / Doppie poltrone. Auto blu.  Appalti milionari. Sono “autonome” e spendono più delle altre. E il federalismo non le toccherà.

Doppioni, doppioni, ancora doppioni. Parlamentini regionali che crescono. Province che si moltiplicano. Scuderie di auto blu. E spese pazze per progetti infiniti. In Italia cinque regioni che piangono la crisi continuano a spendere come se la crisi non ci fosse. Stavolta non è Roma ladrona a strafare, ma sono le virtuose regioni a statuto speciale: Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna.

E non c’è nemmeno da sperare che la riforma federalista aggiusti le magagne. Perché la legge cara alla Lega, che peraltro i costi li aumenta invece che ridurli, le ha già risparmiate: si applicherà solo alle 15 regioni a statuto ordinario. E quindi non inciderà su tanti esempi di sprechi. Altrettanto speciali.

PARLAMENTARI PER SEMPRE

In Sicilia, la Regione viene usata come un bancomat. Alla vigilia del federalismo, infatti, l’isola si presenta con i conti in perfetto disordine: i debiti superano i 5 miliardi di euro. Il primo macigno grava sulla voce “stipendi”. Per un esercito di oltre 20 mila persone, fra dirigenti, impiegati e funzionari che ogni mese ricevono il salario, la Sicilia stacca ogni anno un assegno da 1,2 miliardi di euro. Mentre altri 615 milioni servono a coprire i costi dei 14 mila pensionati. Oltre ai dipendenti diretti, esiste un gigantesco indotto pararegionale, composto da altre decine di migliaia di dipendenti i cui costi alla fine pesano sempre e comunque sui conti siciliani: tra forestali, personale delle società partecipate, operai dei cantieri, precari e addetti alla formazione professionale, sono almeno 80 mila i dipendenti indiretti di mamma Regione.

Per non parlare dei costi dell’Assemblea regionale siciliana, il parlamento più antico d’Europa. E molto probabilmente anche il più caro. Per votare la legge di bilancio interno bastano soltanto cinque minuti: tanto s’impiega, secondo il rito siculo, a leggere e approvare le oltre cento pagine che compongono l’analisi dei costi dell’Ars. Quei cinque minuti gravano per oltre 171 milioni di euro sul bilancio siciliano, visto che a tanto ammontano le risorse necessarie a mantenere il parlamento a pieno regime, tra pensioni dorate per i quasi 300 ex parlamentari, stipendi dei 90 deputati, costi del personale e servizi di gestione.

Per arrivare a questa cifra monstre bisogna tenere conto degli “extra” che gli inquilini di Palazzo dei Normanni si sono concessi nel tempo, da aggiungere ai 16 mila euro intascati ogni mese. Complessivamente, un “gettone d’oro” da quasi 2 milioni di euro. Ai deputati siciliani, ad esempio, toccano indennità aggiuntive per i compiti svolti nelle commissioni. E lì non sempre ci si spezza le reni dalla fatica. Il primato d’inefficienza l’ha stabilito la commissione parlamentare per la revisione dello Statuto autonomista: per sole sette ore di riunione in un anno e mezzo di lavoro ha generato gettoni per un totale di 135 mila euro.

Per i deputati siciliani, inoltre, sono previsti mutui agevolati per l’acquisto della casa o dei locali della segreteria politica. Per gli inquilini e per gli ex inquilini di Sala d’Ercole, sino all’anno scorso era previsto un bonus di 6.400 euro per l’aggiornamento culturale. E neanche sul punto di morte la Regione si scorda di te: è previsto un sussidio per le esequie, e cioè 5 mila euro per garantire delle “onorevoli” sepolture. Del resto, in Sicilia un parlamentare è per sempre.

IL CONSIGLIO CHE VISSE DUE VOLTE

In Trentino Alto Adige, invece, la Regione non si capisce bene a che serve: le sue funzioni sono quasi interamente assorbite dalle Province di Trento e Bolzano. Negli uffici i dipendenti sono 175 e costano alle casse pubbliche quasi 14 milioni di euro l’anno. Ma che siano così tanti non si direbbe, gironzolando per i due palazzi (uno per Provincia). Possono sempre dire che il cattivo esempio viene dall’alto: i membri della giunta, da queste parti, si vedono di rado. L’esecutivo (e ci mancherebbe) è piuttosto snello: cinque componenti. Presidente e vice sono rispettivamente il governatore dell’Alto Adige Luis Durnwalder (che, per inciso, con i suoi 320.496 euro lordi l’anno guadagna più di Barack Obama) e quello del Trentino, Lorenzo Dellai. Come presidenti di due Province autonome che hanno competenza su tutto, i due lavorano dalla mattina alla sera per i rispettivi enti, ma in Regione si sono attribuiti deleghe meno impegnative. Con loro, tre assessori (Svp-Pd) chiamati a gestire le poche competenze rimaste in capo alla Regione. Sostanzialmente, previdenza integrativa e “pacchetto famiglia”. Più i giudici di pace, l’ordinamento dei Comuni, gli aiuti umanitari e i convegni sulle minoranze linguistiche. Un po’ poco, per giustificare un bilancio che per il 2011 prevede uscite per 415 milioni di euro. Solo per mantenere se stessa, la Regione spende 33 milioni, alla voce “amministrazione generale”.

In consiglio, le cose non vanno meglio. Altri 40 dipendenti e un bilancio 2011 di oltre 38 milioni, di cui 34 di spesa corrente. Soldi che serviranno anche a pagare le indennità dei consiglieri (13 mila euro lordi al mese) e i vitalizi degli oltre 190 ex: super pensionati con almeno due legislature alle spalle. L’anno scorso, i 70 consiglieri (35 di Trento e altrettanti di Bolzano) si sono riuniti 14 volte: una seduta al mese, o poco più. Approvando cinque disegni di legge, di cui tre collegati alla Finanziaria.

Nel corso degli anni le Province di Bolzano e Trento si sono prese anche l’ultimo pacchetto di materie, prima gestite dalla Regione: dalla cooperazione alle Casse di Risparmio e Rurali, dai libri fondiari alla cooperazione. Tra le voci di bilancio figurano anche 193 milioni di euro come “funzioni delegate alle Province autonome”, soldi cioè versati per aiutarle a gestire le competenze “scippate”.

LE PROVINCE RADDOPPIANO

Per un apparato burocratico che resiste imperterrito al suo svuotamento, eccone quattro che sono sorti dal nulla, resistendo al vento anti-casta che soffia sulla politica. In Sardegna dal 2005 ci sono ben quattro nuove province (Olbia-Tempio, Ogliastra, Carbonia-Iglesias e Medio Campidano) che si vanno ad aggiungere a quelle storiche di Cagliari, Nuoro, Sassari e Oristano. Sono il prodotto di una legge regionale del 2001, che le ha istituite proprio nel nome dell’autonomia speciale. Piccoli enti (in media una ventina di comuni o poco più) che costano 26 milioni l’anno al bilancio regionale, stando alle cifre 2010.
Perché quattro province in più significano anche quattro nuove giunte e quattro nuovi consigli, senza considerare l’ondata di assessori, consiglieri e dipendenti. Il tutto in otto nuovi capoluoghi, visto che tutte hanno scelto la doppia capitale. In Sardegna c’è chi alza la voce per abolirle: il governatore Ugo Cappellacci ne parla da un paio d’anni, la Provincia di Nuoro ne ha chiesto un accorpamento ed è nato un gruppo su Facebook dal nome molto esplicito: “Aboliamo le nuove province sarde”. Tanto rumore, ma per ora nessun risultato.

Nell’isola comunque gli sprechi non si fermano alla proliferazione di poltrone. Il vecchio consiglio regionale da un paio d’anni si fa notare per la scarsa produttività dei suoi componenti, a fronte dei 70 milioni di euro che drena ogni anno dal bilancio. Nel 2010 il parlamentino ha approvato 16 leggi, poco più di una al mese, contro le 24 del 2005, le 26 del 2000 e le 36 del 1995. A metà febbraio l’aula è stata chiusa per un mese, non avendo nulla da fare, visto che le commissioni non licenziavano testi. Commissioni che hanno un arretrato pauroso: giacciono nei loro cassetti 230 provvedimenti. E fra questi c’è anche la proposta di legge numero uno, la prima a essere presentata nella legislatura, che sancirebbe la riduzione del numero dei consiglieri regionali.

UN TRENO VERSO IL NULLA

Se in Sardegna le province non bastano mai, in Valle d’Aosta esiste solo la Regione. Basta e avanza: i soldi che arrivano sono tanti (trattiene il 90 per cento delle entrate) e gli abitanti pochi (meno di 130 mila). Quindi si spende e si spande. A volte va bene, altre si creano dei veri e propri buchi neri, come l’ormai storico trenino che avrebbe dovuto collegare le stazioni sciistiche di Cogne e Pila. Un progetto fallito, e congelato dalla giunta solo nel 2008. Nel 1980 puntava ad agevolare il turismo, ma oggi – oltre trent’anni e 30 milioni di euro dopo – vede i suoi vagoni abbandonati nella stazione deserta di Acque Fredde.
Tant’è che la Corte dei conti valdostana nel giugno scorso ha chiesto al progettista e direttore dei lavori un maxi-risarcimento da 14,6 milioni di euro. Il procedimento è in corso, e nel frattempo i sindaci di Cogne e Gressan, Franco Allera e Michel Martinet, vorrebbero che la galleria restasse operativa, almeno “per eventuali emergenze”, con un esborso di almeno altri 430 mila euro.

Anche l’acquisto del Grand Hôtel Billia, famoso quattro stelle accanto al casinò di Saint-Vincent, doveva costare ad Aosta “solo” 58 milioni di euro. Questo nel 2005. Poi nel 2007 la Regione stanzia altri 24 milioni per un programma di ristrutturazione dell’evidentemente vetusto complesso (è del 1908), ma nel 2010 il progetto definitivo sale a 35 milioni. I lavori, annunciano, termineranno nel 2013. Nel frattempo, facendo due conti, la spesa è lievitata a 93 milioni di euro. Sempre in nome del turismo, nel 2006 la giunta decide di rinnovare l’aeroporto Corrado Gex di Saint-Christophe e di allungarne la pista. Dei collegamenti previsti con la Francia, al momento è attivo solo quello con Angers, una cittadina del nord. Ma una volta investiti 20 milioni, i passeggeri in più sono pochi, assicura chi vive lì, e gli aerei sono gli stessi di prima.

TURISMO IN AUTO BLU

In Friuli sembra che la vicenda di Edouard Ballaman, il presidente del consiglio regionale leghista costretto alle dimissioni per uso disinvolto dell’auto blu, non abbia insegnato granché. Né sono valsi i richiami dell’assessore alla funzione pubblica, Andrea Garlatti, che a gennaio ha ricordato che solo presidente e assessori possono godere del privilegio di una vettura di servizio.

Il blog friulano “Il perbenista” ha aperto il fuoco sull’ennesimo episodio di uso allegro dei soldi pubblici, portando il caso all’attenzione della Corte dei conti: pare proprio che il direttore dell’agenzia turistica regionale Turismo Fvg, Andrea Di Giovanni, si presentasse al lavoro a bordo di una Mercedes grigia con autista annesso. E che il responsabile informatizzazione dell’agenzia, Giampiero Campaiola, ci arrivasse su una Fiat Croma, e che pure un consulente, Claudio Tognoni, girasse con una sportivissima Alfa Mito due porte.

Vetture che Turismo Fvg ha preso in leasing e le cui fatture vengono quindi pagate con fondi pubblici. L’ennesimo abuso, sostiene un’interrogazione del consigliere del Pd Mauro Travanut. Ma la giunta oppone una difesa d’ufficio: non sono privilegi, ma esigenze di servizio. Anche se, mentre lo dicevano, due delle tre auto sono state riconsegnate alla Maggiore.

Ha collaborato Paolo Cagnan

(L’Espresso, 6/5/2011)