Aldo Grasso: quel che conta è la tv

Urla, insulti, minacce. Sugli schermi tv politici e opinionisti danno sempre più spesso spettacolo di intolleranza.

Il linguaggio trash contamina anche la protesta? Lo abbiamo chiesto ad Aldo Grasso, critico e docente di storia della radio e della tv alla Cattolica di Milano. “Certamente”, sostiene Grasso, “la televisione non è più quel luogo di elezione che è stato in passato. Lo dimostra l’esplosione negli ultimi anni di un genere come il reality. Ormai non si parla più un italiano corretto e spesso nei talk personaggi titolati, soprattutto politici, tranquillamente ricorrono a trivialità e insulti. È un piccolo passaporto verso la maleducazione, che una ricaduta sulla gente comune ce l’ha. Ma non penso che la tv possa condizionare più di tanto il linguaggio delle manifestazioni di protesta”.

Il telespettatore e il manifestante sono così “antropologicamente” diversi fra loro?
“Direi di sì. La prima spia è che queste proteste vengono soprattutto dai centri sociali, cioè da un tipo di persone che non guarda assolutamente la televisione. Sono giovani, il piccolo schermo non è più il loro punto di riferimento. Invece il telespettatore assiduo ha un’età decisamente più alta, fra i 55 e i 70 anni, e di solito non scende in piazza, né compie gesti violenti. E non dimentichiamo che la generazione nata con Carosello è quella che poi ha fatto il ’68 ed è stata protagonista degli anni di piombo”.

Il popolo del V-Day, il popolo Viola, il popolo dei Post-it… Si può dire che queste proteste nascono e si consumano come un format tv?
“Assolutamente sì. Tutto però nasce dalla trasformazione della politica. Da quando si è mediatizzata, vive molto di più sulle emozioni che non sulle convinzioni. Prima c’era il partito, la scuola di partito, gli ordini di scuderia. I tempi di quella politica erano più rallentati, quindi più solidi, pensati. Invece adesso è tutto sull’onda dell’emotività. Grazie alla grande facilità di comunicazione, oggi l’indignazione è immediata, non ci sono i tempi per sbollire, è come una valanga che viene giù. Può raggiungere livelli molto alti, ma con la stessa velocità spesso si dissolve. Chi si ricorda più del popolo dei fax? Internet non fa altro che dare ancora più gas a questa macchina”.

(L’espresso, 21 settembre 2010)