Ospedale per fiction

ATTUALITA’: SANITA’ – UN’ALTRA STRUTTURA-SCANDALO / Viaggio nel Forlanini di Roma. Tra malati, reparti fatiscenti, cumuli di rifiuti. E una troupe Rai che vi ambienta uno sceneggiato.

L’ambulanza è appena arrivata davanti al pronto soccorso e il malato viene subito assistito da medici e infermieri. Camici freschi di bucato, pavimenti che risplendono e sorrisi smaglianti, il massimo che un paziente potrebbe aspettarsi. Siamo al Forlanini, storico ospedale romano costruito negli anni Trenta. Peccato però che qui un pronto soccorso non esista, e che la scena appena descritta sia pura fiction. Televisiva.

Mentre fra i suoi reparti si gira lo sceneggiato Rai ‘Medicina generale’, la realtà è specularmente opposta. Con i suoi 150 mila metri quadri coperti da edifici fatiscenti e da intere palazzine in stato di abbandono, e i suoi 12 ettari di parco punteggiati di spazzatura, il Forlanini è un ospedale in coma, destinato alla chiusura. Ci sono corridoi trasformati in antri dal disfacimento degli intonaci o dai cantieri abbandonati. Interi padiglioni fantasma, con cataste di letti e sedie rotte, che bisogna attraversare per arrivare a reparti ancora attivi. Stormi di zanzare che si riproducono tutto l’anno nei locali senza igiene, mucchi di sacchi dei rifiuti che attendono davanti alle stanze dei ricoveri. Eppure ancora sopravvive, grazie soltanto all’impegno di tanti medici e infermieri che portano avanti 13 mila ricoveri l’anno, e nonostante un bilancio che segna rosso fisso.

Appena superato l’ingresso, lucido, marmoreo e solenne, basta poco per scoprirne il degrado. Sull’ampio terrazzo a ferro di cavallo che dà sul cortile interno, erba e muschio crescono indisturbati a macchie lì dove mancano le mattonelle. E a quel che resta della balaustra è meglio non appoggiarsi, puntellata com’è con assi e griglie arrugginite. Non va meglio all’interno, dove lunghi e bui corridoi si snodano desolati tra fili elettrici volanti e infissi marciti. Crollano i balconi, cadono a pezzi le facciate, per non parlare delle ali ormai chiuse perché lasciate al proprio destino.

“È da trent’anni che qui non si fanno investimenti. Si è lasciato morire l’ospedale per inedia”, spiega Fulvio Forino, il direttore sanitario. Gli fa eco Luigi Macchitella, dal 2005 direttore generale del polo ospedaliero San Camillo-Forlanini: “Incuria, tanta incuria. Ci si è limitati a qualche piccolo rattoppo e nulla più. Poi in certi casi è venuta a mancare anche la manutenzione ordinaria, e alcune aree sono state abbandonate”. Inclusi ben due teatri, originariamente destinati a intrattenere i pazienti durante le loro lunghe degenze, ora inagibili.

Un vero peccato, perché fra muri cadenti e palazzine sgarrupate ci trovi fior di medici. Il Forlanini infatti, nato per contrastare la tubercolosi in Italia, è ancora uno dei punti di riferimento per la cura delle malattie polmonari. Con reparti che sono punte d’eccellenza: come oncopneumologia (dove si trattano i tumori ai polmoni), chirurgia toracica e pneumologia infettivologica. Un patrimonio d’esperienza che non viene certo messo nelle migliori condizioni possibili per lavorare. Attraversando il cortile interno, ad esempio, incappi in rifiuti ospedalieri e più ‘normali’ sacchi della spazzatura gettati sul prato, sui balconi trovi cumuli d’immondizia dimenticata, e bombole accatastate un po’ ovunque.

Per non parlare della mensa, dove se vuoi andare in bagno a lavarti le mani prima di mangiare, poi ti passa la fame per la sporcizia stratificata. Insomma, il livello d’igiene è lontano dall’Europa. Per la disperazione degli stessi medici. Come denuncia Massimo Martelli, chirurgo a capo del Dipartimento malattie polmonari: “Non è possibile che una struttura sanitaria pubblica così importante sia stata abbandonata a se stessa per tanti anni. Se fossi un magistrato della Corte dei conti indagherei sulle responsabilità, di ogni colore politico, di chi l’ha gestito”. E chi l’ha gestito lo ha trasformato in un ospedale fantasma, molto costoso e ancora di più lercio.

Il Forlanini costa alla Regione Lazio una cascata di milioni, aggravando un deficit sanitario già consistente. Solo negli ultimi tre anni Marrazzo ha dovuto sborsare per la struttura e per il confinante San Camillo quasi 500 milioni, frutto di un circolo vizioso che vede diminuire i posti letto e aumentare i costi. E questo perché le dimensioni del complesso sono enormi in proporzione ai pazienti che ospita: in 28 mila metri quadri di edifici ci sono appena 400 posti letto. E il rapporto fra le due cifre porta a risultati comici: è come se a ciascun degente spettassero 70 metri quadri, meglio di un appartamento. Più che un lusso, un paradosso. Anche perché quando vai a vedere scopri che il più delle volte i pazienti si trovano ‘ingabbiati’ nei loro stessi stanzoni.

A oncopneumologia, ad esempio, alcuni balconi sono transennati, con tanto di cartelli che ne vietano l’accesso. Altri addirittura chiusi con lucchetto e catena per ‘pericolo caduta intonaco sulla balconata’. Ma anche quando alla balconata ti ci puoi affacciare, lo spettacolo che ti attende assomiglia a una discarica, fra sanitari abbandonati, sedie accatastate e rottami vari. A meno che nel cortile non sia giorno di riprese tv, le stesse che danno un po’ di respiro alle malandate casse dell’ospedale. Sono 250 mila euro l’anno le entrate extra che il Forlanini riesce a mettere da parte con l’affitto di alcune aree a società di produzione che lavorano per Rai, Mediaset e altri canali. E per cercare di coprire i costi tutto fa brodo, dagli sceneggiati agli spot pubblicitari.

A queste misure vanno poi aggiunti anche i risparmi di spesa, che l’attuale direzione del Forlanini-San Camillo sta inseguendo. Se si prendono gli ultimi tre anni, secondo le cifre fornite dalla direzione sanitaria, il disavanzo è in costante diminuzione, dai 188 milioni di euro del 2005, ai 160 del 2006, per finire con i 140 del 2007. Risparmi ottenuti tagliando le spese inutili, ma anche quelle che sarebbero necessarie se l’obiettivo fosse il rilancio dell’ospedale. Invece il Forlanini non tornerà a vivere.

A decidere di staccare la spina ci ha pensato nel 2007 la Regione Lazio. Secondo la finanziaria regionale tutti i reparti verranno trasferiti a nuovi padiglioni in ristrutturazione del vicino San Camillo. Mentre quello che una volta era l’avamposto per la difesa dei polmoni dovrebbe diventare sede del Consiglio regionale.

Staccare la spina si è ovviamente rivelata una decisione tutt’altro che indolore, provocando le reazioni di tutte le parti in causa. A partire dai 500 dipendenti che il piano considera ‘in esubero’. Passando dai 50 mila romani che hanno firmato la petizione ‘Salviamo il Forlanini’ promossa dal chirurgo Martelli. Per finire con i politici: in piena campagna elettorale per il Comune di Roma Alemanno e Fini hanno promesso che la struttura non sarebbe diventata “un palazzo della politica”.

Ma che fine farà davvero il Forlanini? Al momento l’unico dato certo sembra il trasferimento definitivo dei reparti: “Si concluderà appena finiti i lavori di ristrutturazione del San Camillo, ossia entro la primavera del 2009”, assicura Macchitella, e “per sottolineare la continuità, i padiglioni che li ospiteranno prenderanno il nome di ‘Nuovo Forlanini'”. Resta da capire che cosa ne sarà dell’edificio. Sembra abbastanza lontana la data in cui potrà veramente ospitare gli uffici della Regione. Fonti vicine al governatore Marrazzo spiegano che i tempi non saranno certo brevi: “Bisognerebbe prima vendere la sede di via della Pisana, e con quei soldi ristrutturare il Forlanini”.

E quanti milioni ci vorrebbero? Macchitella fa una stima approssimativa: “Ipotizzando circa 2 mila euro a metro quadro, la spesa raggiungerebbe più o meno i 300 milioni”. Insomma, fra tempi burocratici e previsioni di spesa massiccia le prospettive future di quello che oggi è il Forlanini sono tutt’altro che rosee. Di sicuro non sarà più un ospedale. Di sicuro continuerà a cadere a pezzi. Con cataste di rifiuti che crescono dovunque. E quell’abitudine di lasciare i sacchetti dell’immondizia nei corridoi percorsi dalle barelle e nei viali dove passeggiano pazienti con malattie polmonari: è possibile fotografare anche un pacco natalizio, che forse aspetta da sei mesi di venire portato via.

(L’Espresso, 27/6/2008)