Vacanze addio

 

ATTUALITA’ / Crisi economica. Prezzi alle stelle. Gli italiani rinunciano a partire. Mentre il super-euro, l’emergenza rifiuti e le carenze nei servizi tengono lontani gli stranieri. E arriva l’estate nera del turismo.

Di male in peggio. Il calendario del turismo ha saltato la pagina di agosto e si vede già all’8 settembre: tutti a casa, nella più grande disfatta degli ultimi anni. Gli italiani non hanno soldi per partire o emigrano in cerca di vacanze convenienti. Gli stranieri cominciano a disertare, perché arte, cultura e paesaggi non bastano più per cancellare l’euro alle stelle e le carenze di un paese sempre più in crisi di immagine: i rifiuti in Campania, l’Alitalia in bilico sull’orlo del fallimento, l’emergenza sicurezza diventata dilagante.

Così il 2008 del turismo, partito decisamente male, rischia di finire nel baratro. Incrociando i dati Confindustria Alberghi con quelli Istat, si scopre che quest’estate nelle nostre città sbarcheranno due milioni e 867 mila stranieri in meno rispetto all’anno scorso (ossia il 6,7 per cento). E soprattutto diminuiranno anche gli italiani: fra quelli che preferiranno andare all’estero, e quelli che in vacanza non ci andranno proprio, se ne contano due milioni e 692 mila in meno (il 5 per cento). Insomma, nei mesi estivi in giro per le strade italiane mancheranno all’appello più di cinque milioni di persone: tutta gente che avrebbe comprato souvenir, mangiato nei ristoranti, dormito negli alberghi, visitato musei. Ora invece bisogna persino rinunciare all’automobile, perché il pieno richiede un leasing.

OMBRELLONI CHIUSI
Le spiagge sono le più colpite. Plumbeo, secondo i dati del Sindacato italiano balneari, è stato il mese di giugno, e non solo per le condizioni atmosferiche: i bagnanti sono diminuiti del 45 per cento. “È andata anche bene, visto che nei primi 15 giorni, anche a causa del maltempo, abbiamo registrato una diminuzione addirittura del 60 per cento”, sostiene Riccardo Borgo, presidente del Sib, l’organizzazione che raccoglie i lavoratori degli stabilimenti.

E se a luglio il sole non è mancato, i conti invece sono rimasti nel temporale, mentre agosto non sembra destinato a riportare il sereno: “Stando alle prenotazioni, rispetto all’anno scorso, un italiano su cinque se ne starà a casa”. Lidi chic dell’Argentario, dove un tempo le prenotazioni per le cabine venivano chiuse a gennaio, adesso inseguono i clienti: “Dottore, se vuole tornare ad agosto… Nessun problema”.

Il classico rischio di non trovare neanche un metro quadrato per l’asciugamano sembra scongiurato: “Prevediamo il tutto esaurito solo nei weekend, mentre nei giorni feriali le spiagge saranno poco affollate”.

A Jesolo, Caorle e Bibione, ad esempio, puoi vedere distese di ombrelloni chiusi e sdraio piegate (una desolazione che per l’Apt di Venezia si misura intorno al 25 per cento di presenze in meno) e anche sul resto dell’Adriatico i dipendenti degli stabilimenti hanno ben poco da sudare.

Cambi versante, e la situazione peggiora. Su gran parte della costa di Pozzuoli, sul litorale Flegreo, ma anche a Castelvolturno nel Casertano, l’immondizia tracima in spiaggia. E in Liguria il giugno da incubo non trova ristoro nelle prenotazioni in picchiata: con famiglie che rinunciano al lido per far quadrare i conti.

Si confermano così le fosche previsioni della società di consulenza Trademark Italia, secondo le quali al mare quest’anno ci si starà poco: 16 milioni di ingressi in meno negli stabilimenti. Il che vuol dire oltre un miliardo di euro di perdita per il settore.

INDIETRO TUTTA
Se la gente in vacanza non ci va, è soprattutto colpa del calo del potere d’acquisto. Flagellate da bollette sempre più salate e benzina a prezzi da gioielleria, le famiglie italiane che scelgono (giocoforza) di non andare in ferie, o di accorciarle rispetto al passato, sono in costante aumento.

Secondo un sondaggio Confesercenti, solo il 57 per cento degli italiani farà un tuffo al mare, mentre la durata media di tutta la vacanza si ridurrà da 17 a 14 giorni. Magari spezzettando i periodi per godere di offerte e ritagliarsi un viaggio a settembre in lidi mediterranei meno cari – Tunisia e Turchia – o sul mar Rosso.

L’associazione dei consumatori Adoc ritiene che ormai stare via per un mese intero sia un lusso riservato solo a un 1 per cento di privilegiati. E fa un quadro ancora più pessimistico: il budget medio delle famiglie sarà di 1.850 euro, 115 in meno rispetto allo scorso anno. Per la metà di chi ha deciso di restare a casa la motivazione è semplice: “Costa troppo”. Anche perché, secondo Federconsumatori, per godersi a Ferragosto una settimana full inclusive in albergo quattro persone dovrebbero preventivare ben 3 mila euro. E non è che affittando una casa le cose migliorino: Confesercenti lamenta un crollo degli inquilini del mare, calati dal 15 all’11 per cento.

VADO ORA, PAGO PER UN ANNO
Ed ecco che, pur di piazzare una settimana in un villaggio turistico, le agenzie di viaggio e i tour operator ormai si sono trasformati in finanziarie: i soldi te li danno loro, purché tu vada in vacanza. Indebitarsi per andare in ferie (la chiamano rateizzazione) sta diventando pratica diffusa, in crescita secondo l’Adoc del 2-3 per cento, con il rischio però che il relax di una settimana si tramuti in un incubo lungo un anno, “visto che gli interessi arrivano fino al 24 per cento”. Non conosce crisi infine il fenomeno low cost: nonostante sulle tratte principali i prezzi siano saliti, le prenotazioni non accennano a diminuire.

D’altra parte come dar torto al bagnante (che secondo Federconsumatori si trova a pagare fino a 33 euro al giorno per ombrellone, sdraio e lettino) se, potendo, ai lidi nostrani preferisce le ben più economiche spiagge spagnole, greche, croate e turche. “Però lì non ci sono quei meravigliosi servizi aggiuntivi che offriamo in Italia. Oltre ai fasciatoi per le famiglie, alla musica e all’happy hour per i giovani, quest’anno daremo ai nostri clienti anche maxischermi per poter seguire Olimpiadi e Formula Uno”, sottolinea l’organizzazione dei bagnini.

Ma in tempi di recessione, il fascino degli optional perde smalto. Sarà poi anche vero che secondo il ministero della Salute le spiagge italiane, balneabili al 96 per cento, sono fra le migliori d’Europa. Tuttavia, secondo uno studio di Expedia, noleggiare una sdraio in Spagna costa comunque poco più della metà che in Italia. 

RETROMARCIA INGRANATA 
L’Organizzazione mondiale del turismo dell’Onu inquadra la retromarcia italiana: nei primi quattro mesi del 2008 gli arrivi dall’estero sono diminuiti del 2,2 per cento, in controtendenza rispetto all’area del Mediterraneo. Dove la concorrenza ha fatto il pieno: a cominciare da Spagna (più 3,5 per cento), Grecia (più 3,4) e Tunisia (più 1,8). Per non parlare di paesi che oggi viaggiano col vento in poppa, come Croazia (il 30 per cento in più nel primo trimestre), Turchia (più 14,8 per cento), Marocco (più 14,4) e Portogallo (più 11,4).

“Del resto, se andare a Sharm el Sheikh o in Tunisia diventa molto più conveniente che restare in Italia, non è difficile immaginare come va a finire”, constata amaramente Roberto Corbella, presidente dell’Associazione tour operator italiani. E quando si va a vedere il rapporto qualità-prezzo, a uscire vincitori sono i paesi concorrenti.

Che da noi il sole e il mare non tirino più così tanto, i bagnini l’avevano già capito da un pezzo, soprattutto a Sud. E infatti le prime a esser statepunite per questa ‘monovocazione’, in Italia, sono state le località balneari del Mezzogiorno dove, stando a un’indagine dell’Ente bilaterale industria turistica, nel 2007 “la somma dei pernottamenti di Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria e Sicilia non raggiungono il dato della sola regione Lazio”.
 
L’alternativa alla monovocazione balneare, ovviamente, sarebbe una terra che oltre alla spiaggia sappia offrire al turista la propria cultura. Cosa che per l’Italia in teoria non dovrebbe essere un problema. Eppure sorprende che quest’anno anche le città d’arte stiano risentendo della crisi. Roma, Napoli, Firenze e Venezia: gli stessi luoghi che da oltre tre secoli attraggono chi ancora sogna il Grand tour, e che negli ultimi anni avevano compensato il declino delle spiagge.

Secondo l’Associazione italiana catene alberghiere di Confindustria, il mese di maggio ha inflitto un duro colpo, svuotando gli hotel. Gli ospiti sono diminuiti del 6,6 per cento a Firenze, del 6,3 a Venezia, e del 5,8 a Roma, confermando i cattivi auspici degli inizi dell’anno. “E dalle prime notizie, giugno è andato anche peggio”, aggiunge Roberto Pedrazzi, direttore dell’Aica.

Vanno così scomparendo le classiche figure del turista americano (meno 22,12 per cento rispetto al 2007), e dell’inglese (meno 8,34). In forte diminuzione anche i giapponesi. Colpa del super-euro, certo, ma anche dei nostri soliti problemi di competitività. La classifica stilata dal World Economic Forum ci sbatte al ventottesimo posto, molto dietro ad altri paesi dell’area-euro come Spagna, Francia e Grecia.

Sul banco degli imputati soprattutto le infrastrutture. Sono gli stessi albergatori a far mea culpa: “Siamo più cari degli altri, perché paghiamo più Iva e abbiamo un costo del lavoro più alto ma dobbiamo ammettere che la nostra qualità non è certo all’altezza”, sottolinea Elena David, presidente dell’Aica: “Il 50 per cento dei nostri alberghi sono senza aria condizionata, e il 60 per cento senza Internet. Per non parlare dell’opaco meccanismo delle stelle che dovrebbero certificare la qualità: ogni regione fa come vuole, e una volta assegnate, nessuno le tiene sotto controllo”.

ARTE PERDUTA
Se gli alberghi piangono, treni e aerei non ridono. “I turisti sono penalizzati dai ritardi e dall’inadeguatezza dei treni e degli autobus locali”, nota Corbella. Proprio quest’estate Trenitalia ha tagliato diverse tratte, fra Intercity e regionali, rendendo lo spostamento di italiani e stranieri in cerca di viaggi meno cari ancor più arduo, anche in regioni ‘turisticamente sensibili’ come Emilia Romagna, Toscana e Liguria.

Poi c’è l’Alitalia, “che certo il turismo non lo agevola e questo perché non essendo più una compagnia particolarmente competitiva, finisce per portare meno turisti”, osserva Geoffrey Lipman, portavoce dell’Organizzazione mondiale del turismo.

Il viaggiatore di oggi però non è più disposto a ingoiare il rospo pur di vedere la Cappella Sistina. A Roma, l’Ente bilaterale per il turismo del Lazio conta 100 mila turisti in meno nei primi cinque mesi dell’anno. Un grosso trauma, dopo sette anni di continua e vitale crescita, per una città che da sola accoglie il 5 per cento del turismo di tutta la nazione.

Ma le le cose vanno male anche a Napoli e Pompei, minacciate dai rifiuti: “Di fronte a un piccolo incremento nel mese di gennaio tutti i mesi successivi, fino al 31 maggio, sono risultati fortemente negativi, fino al massimo del meno 19,1 per cento di aprile”, spiega il soprintendente archeologico Pietro Giovanni Guzzo. Mese in cui, fra l’altro, stando a dati Federalberghi, nella regione il settore avrebbe perso tremila posti di lavoro. A pesare è stata sicuramente l’emergenza rifiuti, tanto che gli stessi albergatori napoletani hanno supplicato: niente incentivi fiscali, basta che ci liberiate dalla monnezza.

Non va particolarmente bene neanche a Firenze, che ha visto diminuire “la presenza dei turisti almeno del 20 per cento, con grande sofferenza di albergatori e ristoratori”, spiega Gabriele Berlincioni della Confindustria fiorentina. “La categoria più colpita è quella dei quattro stelle, perché nonostante abbassino i prezzi, non trovano clienti disposti a sborsare i soldi necessari”. Meglio infatti restare fuori porta negli agriturismi o nei bed & breakfast, sempre più usati dalle famiglie italiane per quei soggiorni di quattro giorni che hanno preso il posto delle settimane di una volta: il primato toscano in questo settore rende la regione la più appetibile per chi vuole conciliare relax e budget.

DAL BARILE AL BIDONE 
Anche il tentativo di incentivare le prenotazioni anticipate con sconti e offerte speciali, è naufragato davanti al caro petrolio. Il risparmio viene spesso mangiato dai cosiddetti ‘adeguamenti carburante’ imposti dai tour operator ai viaggiatori per compensare l’aumento del barile. Una voce tutt’altro che insignificante, visto che in alcuni casi gli aumenti hanno toccato i 200 euro su pacchetti del valore di 500, e che spesso nasconde la magagna. “In alcuni casi c’è chi ha fatto il furbo e ci ha marciato. Invece ci vuole chiarezza, e da una maggiore trasparenza gli operatori corretti non avrebbero che da guadagnare”, dice Andrea Giannetti, presidente di Assotravel .

REGIA FANTASMA
Il premier Silvio Berlusconi, insieme al sottosegretario con delega al Turismo Michela Vittoria Brambilla, ha ipotizzato una road map per uscire dalla crisi. A partire dalla riduzione dell’Iva per le imprese turistiche, per arrivare a una omologazione su base nazionale del sistema delle stelle degli alberghi.

Spunta l’immancabile cabina di regia nazionale, che dovrebbe avere come braccio operativo l’Enit, agenzia nazionale per il turismo, la cui direzione è stata assegnata al manager ex- alentino, Matteo Marzotto. Che l’Enit torni a svolgere una funzione primaria nel turismo italiano è desiderio di molti operatori del settore, stanchi di un’eccessiva frammentazione.

“È ridicolo andare in Cina e trovarsi davanti tre o quattro delegazioni italiane di regioni diverse in competizione fra loro”, racconta Morandina. Non a caso un esperto del turismo internazionale come Lipman, alla domanda “che cos’è che non va nel turismo italiano?”, risponde: “A differenza di Francia e Spagna, dove la promozione è organizzata in modo fortemente centralizzato e strategico, in Italia è portata avanti a livello locale e regionale, in ordine sparso”. In modo artigianale, e non industriale. Insomma, all’italiana.

(L’Espresso, 10/7/2008)