Brunetta, il bluff è lui

LA RISPOSTA / Il ministro della Pubblica amministrazione usa il sito del governo – che dovrebbe appartenere a tutti – per attaccare L’espresso. Il nostro commento e la nostra risposta.

Il ministro Renato Brunetta ha ritenuto di occupare un sito del governo italiano – pagato da tutti i contribuenti – per attaccare L’espresso parlando di “bluff” in relazione all’inchiesta pubblicata sull’ultimo numero del nostro settimanale (e, integralmente, in questo sito).

Lasciamo ai lettori giudicare se il comportamento del ministro Brunetta sia stato corretto: non tanto nella difesa tecnica del suo operato da ministro, quanto negli attacchi rivolti – da un sito che appartiene a tutti i cittadini – a un giornale che si è permesso di criticarlo. In particolare, ci riferiamo al video in cui Brunetta accusa L’espresso di “stare dalla parte di chi non vuole cambiare nulla, dalla parte della rendita”.

Si tratta, in ogni caso, di un fatto inedito: finora in tutto il mondo – eccetto forse la Birmania o la Corea del Nord – i governanti non hanno mai usato i siti istituzionali per attaccare la stampa che li critica. Si tratta di una confusione tra pubblico e privato che c’è solo in Italia, e di cui evidentemente il ministro non ha contezza. Ma sull’eleganza e la correttezza di questa scelta non c’è molto da aggiungere, dato che qualifica ulteriormente chi l’ha fatta.

E’ quindi esclusivamente per rispetto dei lettori – e non per interloquire con un sito del governo, che avrebbe altri compiti – che L’espresso pubblica qui di seguito le sue risposte, punto per punto, alle argomentazioni e ai dati del ministro.

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Brunetta: Si tratterebbe del fenomeno che in termini tecnici viene definito “autoselezione del campione”. Dell’autoselezione soffrono per definizione tutte le rilevazioni statistiche campionarie senza esclusione alcuna, ma esistono tecniche consolidate di correzione di questo effetto che garantiscono la qualità dei risultati e noi le usiamo. Un campione che comprende un numero di amministrazioni rispondenti pari a poco meno della metà del totale delle amministrazioni pubbliche (è questo il caso del monitoraggio delle assenze) è un campione decisamente ampio e di gran lunga più numeroso rispetto a quanto la teoria statistica e la prassi consolidata ritiene sufficiente per condurre un’indagine campionaria. In aggiunta, lavoriamo costantemente affinché tutte le Amministrazioni importanti per dimensione, tipologia e localizzazione siano tra i rispondenti, sollecitandole telefonicamente per spingerle alla risposta; soprattutto abbiamo affidato l’indagine all’Istat che ne garantisce la robustezza tecnica. È del tutto falso che l’Istat si limiti a “pulire i dati”, come affermato nell’articolo, dato che conduce su incarico del Ministero un’indagine con il rigore del pieno rispetto dei criteri metodologici propri della statistica ufficiale.

L’espresso: I dati diffusi dal ministro sono tutt’altro che impeccabili dal punto di vista statistico. Lo spiega ancora meglio, usando argomenti scientifici, Giulio Zanella sul sito di economisti www.noisefromamerika.org: “Le indagini mensili del Ministero per la pubblica amministrazione e l’innovazione non hanno valore scientifico (nel senso che non permettono di fare inferenza sul fenomeno di interesse, ossia la riduzione delle assenze nella Pubblica Amministrazione) perché si basano su un campione autoselezionato di amministrazioni che, per quanto numeroso (50% dei dipendenti pubblici) e “corretto” dall’Istat in base ad alcune caratteristiche osservabili, resta essenzialmente non casuale rispetto alla distribuzione delle assenze per malattia, che sarà osservabile solo dopo la pubblicazione del Conto Annuale della Ragioneria Generale”.
Tre precisazioni aiutano a capire meglio: “Primo, l’affermazione per cui dell’autoselezione soffrono per definizione tutte le rilevazioni statistiche campionarie senza esclusione alcuna non sta né in cielo né in terra. Esistono indagini statistiche a campione chiamate “randomized evaluations” che non soffrono del problema di autoselezione. Ed è questo lo strumento appropriato, quando utilizzabile, per valutare le politiche pubbliche — incluse le politiche per la riduzione dell’assenteismo nella Pubblica Amministrazione. Secondo, il fatto che il campione sia la metà dei dipendenti pubblici non vuol dire niente in presenza di autoselezione. Supponiamo che la metà osservata riporti una riduzione delle assenze del 40% e la metà non osservata sia caratterizzata da assenze stabili. Quant’è la riduzione effettiva? 20%. Osservare una metà non casuale non aiuta in questo caso. Terzo, il ministro può fare quello che vuole insieme all’Istat, ma rendere un campione autoselezionato un po’ più rappresentativo in termini di tipologia istituzionale, numero di dipendenti e area geografica (cioé, appunto, pulire i dati) non vuol dire affatto renderlo rappresentativo rispetto alla riduzione delle assenze. Quali sarebbero gli altri criteri metodologici della “statistica ufficiale” che garantirebbero questo risultato? Sollecitare telefonicamente le amministrazioni?”.

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Brunetta: È anzitutto palesemente falso che manchi l’istruzione: la scuola, infatti, è monitorata dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca con un’indagine ad hoc secondo la stessa metodologia. Le regioni sono sempre state incluse nel monitoraggio. Solo con riferimento al mese di luglio, i cui risultati sono stati pubblicati il 7 agosto in via provvisoria, la stima non comprende i dati regionali. Con la pubblicazione del dato di agosto verrà diffusa la stima definitiva (comprendente i dati regionali) relativa al mese di luglio 2009. Quanto alle forze armate, la legge esclude l’applicazione della normativa Brunetta a questo comparto. Non è vero che mancano pezzi grossi dei ministeri o dei comuni. Rispondono tutti i Ministeri e in media tutti i comuni più importanti.

L’espresso: Non abbiamo sostenuto che il Ministero di Brunetta non pubblichi i dati sull’istruzione tout court, ma che i numeri sul tasso d’assenteismo ne sono privi. Cosa confermata dalla stessa Istat nel suo comunicato di venerdì scorso: “La rilevazione riguarda ministeri e Presidenza del consiglio (con esclusione del comparto Scuola, Forze armate, Forze di polizia), le altre pubbliche amministrazioni centrali, le Regioni, le Province, le Province autonome, i Comuni, le ASL, le Aziende ospedaliere e gli Enti di previdenza”. Per quanto riguarda le Regioni, poi, nel mese di luglio non sono state prese in considerazione, e anche questo è stato “confessato” dall’Istituto di statistica. Infine è vero che grossi ministeri o enti locali mancano all’appello a mesi alterni. Ripetendo e confermando quanto scritto nell’articolo: “A luglio mancavano i dati del ministero degli Interni e di quello dei Trasporti, della Provincia e del Comune di Milano, dei Comuni di Torino, Bari e Venezia. Quasi tutti, ad eccezione del Viminale e del capoluogo pugliese, erano invece presenti nella rilevazione del mese precedente”.

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Brunetta: Il monitoraggio non premia e non punisce nessuno, si limita a misurare le variazioni dei giorni di assenza con un dettaglio utile per valutazioni sugli effetti della normativa.

L’espresso: Quando si pubblicano dati che stilano una classifica fra enti virtuosi (quelli che registrano una riduzione delle assenze, spesso a due cifre) e enti meno virtuosi (quelli che invece ammettono un aumento delle stesse) il giudizio di valore è intrinseco ed automatico.

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Brunetta: L’effetto della normativa comporta uno scalino nei comportamenti di assenza per malattia dei lavoratori pubblici. Ci attendevamo e ci attendiamo per questo motivo che le assenze si stabilizzino su di un livello strutturalmente inferiore, grazie alla normativa Brunetta – ma non che queste continuino a ridursi per sempre. In altre parole, esiste un livello fisiologico di assenze per malattia e attorno a questo valore ci sono oscillazioni determinate da cause epidemiologiche.Le assenze per malattia dei dipendenti pubblici vanno riportate a questo livello fisiologico. Siamo anzi stupiti che nel mese di giugno e luglio, dunque a un anno di distanza dall’introduzione della nuova normativa, si siano ancora verificate riduzioni consistenti del fenomeno. A giugno 2009, rispetto allo stesso mese del 2008, le assenze per malattia si sono ridotte in media del 27,4 per cento e a luglio 2009 i dati provvisori indicano un -17,3 per cento.

L’espresso: Confermiamo quanto scritto: l’effetto Brunetta, sulla base dei suoi stessi dati, si sta afflosciando. Come già nell’articolo: “La riduzione delle assenze per malattia registrata a settembre dello scorso anno, quando si era raggiunto il meno 44,6 per cento, è stato il picco dal quale poi non si è fatto altro che scendere. In modo graduale, ma inesorabile: meno 41 a novembre, meno 33 ad aprile, meno 27 a giugno, per finire con il meno 17 di luglio”. Ossia una lenta inversione di tendenza che peraltro appare lampante dal grafico a pagina 9 della stessa risposta “punto per punto” di Brunetta.

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Brunetta: Il Ministro dice tutto visto che, nello spirito della massima trasparenza, ogni mese sul sito viene dato massimo risalto ai dati aggregati e a quelli di dettaglio e sempre sul sito è possibile scaricare un copioso elenco di materiali, inclusi i primi risultati dei lavori della Commissione sull’assenteismo.

L’espresso: Il ministro non dice proprio tutto. E L’espresso lo ha dimostrato.

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Brunetta: I dati della RGS del Conto Annuale mostrano una caduta delle assenze per malattia e delle altre assenze retribuite nel 2005 rispetto al 2004, a cui seguono nuove crescite nei due anni successivi che hanno riportato il numero medio di giornate di assenza quasi allo stesso livello del 2004 (20,2 nel 2004, 19,8 nel 2007).

L’espresso: I dati RGS citati dal ministro includono scuola e forze di sicurezza, quindi il dato che riporta è corretto in sé, ma non è omogeneo al campione che lui sta utilizzando (che infatti le esclude). Insomma, qui il ministro torna a bluffare.

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Brunetta: Abbiamo già dimostrato al punto “Obiezione 1? che ciò è falso. Aggiungiamo un po’ di storia: nella fase iniziale è stata condotta un’indagine pilota allo scopo di testare il questionario e mettere a punto la metodologia. Dal mese di agosto 2008 ci siamo avvalsi del contributo dell’Istat, che ha disegnato sotto il profilo metodologico e operativo il piano di indagine, provveduto a definire i piani di campionamento per le amministrazioni pubbliche più numerose ed è l’Istat che cura le fasi di raccolta, verifica, codifica dei dati e il calcolo delle stime finali.

L’espresso: Vedi la prima controrisposta.

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Brunetta: I fatti lo smentiscono. Fin dal mese di agosto 2008 la rilevazione è stata condotta in stretto coordinamento con gli enti territoriali e, in particolare, con la Conferenza delle regioni e delle province autonome, l’UPI e l’ANCI, e grazie alla pronta risposta delle singole regioni e degli Enti locali. Risultato: il campione che abbiamo a disposizione è, come si è detto, molto ampio. Le Amministrazioni che rispondono sono ormai circa 4.800. E questo senza includere il monitoraggio della scuola effettuato dall’Istruzione.

L’espresso: 4800 amministrazioni rappresentano comunque meno della metà dell’universo italiano della Pubblica Amministrazione. Un campione peraltro viziato dalla politica del più bravo che si fa avanti.

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Brunetta: Siamo alle solite: si fanno passare luoghi comuni per fine teoria statistica. Lo spirito con cui vengono pubblicati i dati relativi alle singole amministrazioni, infatti, è fare trasparenza e dare un dettaglio sulle singole realtà, e non già fare la lista dei buoni e dei cattivi.

L’espresso: Indipendentemente dallo “spirito” con cui si pubblicano i dati, l’uso ricorrente della parola “fannullone” (adoperata anche sul sito del ministero) indica una rappresentazione della realtà tutt’altro che scientifica, quanto invece “castigatoria”, ergo “morale” (moralizzatrice o semplicemente “moralista”).

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Brunetta: Le valutazioni formulate dal dott. Gatto (Istat) cui si riferisce il settimanale l’Espresso non sono mai state in alcun modo “passate sotto silenzio”. Sono disponibili sul sito del Ministero per la pubblica amministrazione e l’innovazione fin dal 25 giugno 2009. Si tratta di un contributo preliminare realizzato nell’ambito dei lavori della Commissione sull’assenteismo che il Ministero ha istituito nell’inverno di quest’anno per approfondire in modo trasparente il fenomeno dell’assenteismo, le sue cause, i suoi rimedi. L’analisi del dott. Gatto utilizza un’altra fonte statistica: la rilevazione continua sulle forze di lavoro realizzata dall’Istat. Senza nulla togliere a tale rilevazione, per evidenti motivi metodologici e di finalità dell’indagine, rispetto al fenomeno delle assenze per malattia è indiscutibile la maggiore attendibilità di un dato statistico frutto di elaborazioni di dati che provengono direttamente dagli uffici del personale delle amministrazioni. Peraltro non concordiamo con l’affermazione che sono le donne ad essere penalizzate e questa volta perché siamo sicuri che quello di cui hanno bisogno le donne per non essere penalizzate è uguaglianza di opportunità e non la possibilità di avere “scappatoie” moralmente dubbie, che però hanno costi molto alti proprio per le donne: minori possibilità di carriera, retribuzioni basse e alla fine una bassa pensione.

L’espresso: È un po’ un cane che si morde la coda. Il ministro si appella all’Istat per rendere più verosimile (e più sobria) la sua rappresentazione della realtà, ma quando lo si chiama a prendere in esame i dati dell’Istat, ti risponde che i numeri più attendibili sono i suoi (altro che quelli dell’Istat!). Conclude Zanella: “Mi pare ragionevole pensare che il margine di errore dei dati Istat sia certamente minore di quello relativo a un campione fortemente auto-selezionato come quello del ministro”.

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Brunetta: Sulla base di quale fonte statistica Zanella argomenta le sue obiezioni? I nostri dati parlano chiaro, sono metodologicamente fondati, e non dicono questo.

L’espresso: Lo spiega Zanella sempre sul sito di economisti italiani che insegnano in America. “Le indagini del Ministro indicano una riduzione media delle assenze del 40% circa tra maggio e dicembre 2008. Assumendo che le assenze fossero costanti nei primi sei mesi del 2008, secondo il Ministro dovremmo osservare una riduzione del 20% circa nei dati della Ragioneria Generale (che dovrebbero essere pubblicati nel giro di un mese o due). Questa conclusione però si basa sul campione autoselezionato. La mia presunzione (e qui siamo nella sfera delle opinioni motivate) è che la riduzione delle assenze nell’altra metà della popolazione sia pressoché zero in media e che proprio per questo restano nell’ombra. Facendo media tra 0% e 20% otteniamo 10%”.

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Brunetta: L’esplosione del numero di visite fiscali non spaventa. Anzi. Dimostra che con le modifiche apportate dalla l. 133/08 si è corretto un malcostume tutto italiano di non verificare l’effettivo stato di malattia dei dipendenti. Il fatto poi che tutte le richieste di accertamento non siano evase è irrilevante. La teoria economica insegna che ciò che conta è la credibilità della minaccia di ricevere una visita fiscale e non l’accertamento in sé. Peraltro questo meccanismo colpisce proprio chi è in malafede; il lavoratore realmente ammalato è ovviamente indifferente a tale eventualità.

L’espresso: L’esplosione del numero delle visite fiscali, in sé, non dimostra niente, se non l’applicazione alla lettera della legge. Che le richieste di accertamento non vengano fatte è irrilevante solo nell’ottica dello scarica barile. Che il cosiddetto fannullone “in malafede” si lasci spaventare da visite che spesso non ci sono i soldi per pagare è tutto da vedere. E infine, il problema dell’esplosione di costi legata all’aumento delle visite, chiaramente, non tocca il ministero, che tanto, di suo, non ci rimette neanche un euro.

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Brunetta: La critica riguardo alla “correzione di rotta” sulle fasce di reperibilità è quanto meno singolare. Aveva fatto gridare agli “arresti domiciliari” l’estensione delle fasce giornaliere a un totale di undici ore e, adesso che queste sono tornate alle vecchie quattro ore, siamo accusati di aver fatto un passo indietro.

L’espresso: Tecnicamente, non c’è nessuna accusa, quanto piuttosto una constatazione: il ministero è stato costretto a fare un passo indietro.

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Brunetta: È proprio a questo che serve il monitoraggio: se compaiono risultati non in linea con gli obiettivi della normativa è possibile fare analisi per capire e modificare la norma al fine di garantirne l’efficacia. Con particolare riferimento alla dinamica delle assenze del Comune di Napoli è già stato avviato uno specifico approfondimento volto a comprendere le ragioni e le determinanti degli andamenti registrati.

L’espresso: Prendiamo nota, e attendiamo speranzosi e curiosi i risultati concreti.

(espresso.repubblica.it, 16/9/2009)