Chi controlla il controllore

ATTUALITA’ / “Il rispetto delle normative e, conseguentemente, la sicurezza delle navi sono certificate, nave per nave, dall’Autorità marittima italiana, dal Registro navale italiano (Rina) e controllate da ispettori delle società di assicurazioni”. Così il 27 giugno Tirrenia replica, comprando pagine intere di quotidiani, all’articolo de ‘L’espresso’ sulla compagnia di Stato.E il gruppo guidato da Franco Pecorini ha ragione: ogni anno gli ispettori del Rina, accompagnati dai funzionari della capitaneria di porto, svolgono controlli sulla flotta volti al rilascio del certificato di sicurezza trasporto passegger. Tuttavia la Tirrenia omette un dato di non poco conto: gli stipendi dei funzionari del registro navale italiano, incaricati di verificare il funzionamento dei sistemi antincendio, dei cavi o dei mezzi di salvataggio delle navi dell’azienda di Stato, dipendono indirettamente dallo stesso Pecorini. L’ad di Tirrenia è infatti consigliere d’amministrazione della Fondazione registro navale italiano, ente che possiede il 100 per cento dell’omonima società per azioni che si occupa di certificare le imbarcazioni che trasportano passeggeri.Il conflitto d’interessi è evidente. Il controllato (Tirrenia) controlla il controllore (Rina). Conflitto aggravato ulteriormente dalla qualifica degli altri 26 membri del cda della Fondazione. L’organismo è guidato da ben cinque armatori, fra cui appunto Pecorini, da tre rappresentanti delle compagnie d’assicurazione, dai costruttori navali di Assonave e dagli industriali siderurgici di Federacciai, oltre ai rappresentanti del ministero dei Trasporti.

Al di là di questo singolare assetto del Registro navale la presenza di armatori e costruttori implica la violazione di una legge del 1998. Tale norma, in attuazione di una direttiva europea, vieta severamente proprio i conflitti d’interessi: “L’organismo non deve essere controllato dagli armatori o dai costruttori, né da altri terzi coinvolti commercialmente nella costruzione, nell’armamento, nella riparazione o nell’esercizio di navi”. Il cda della Fondazione Rina vive dunque da anni in una situazione di illegalità, denunciata del resto nel 2004 dall’allora senatore di An Lodovico Pace con un’interrogazione al ministro Lunardi, dal quale non ebbe mai risposta. E dire che almeno Tirrenia questo conflitto di interessi potrebbe sanarlo senza problemi. In Italia il settore della certificazione navale è liberalizzato, e la compagnia potrebbe rivolgersi tranquillamente ad altre aziende, come l’americana Abs o la francese Bureau Veritas. Ma è proprio al vaglio del Rina che, da sempre, affida le sue navi.

E, va infine ricordato, il Rina è finito in Francia sul banco degli imputati al processo per il disastro della petroliera Erika. Per il rappresentante dell’accusa è colpevole di controlli insufficienti “per compiacimento” verso l’armatore.

(L’Espresso, 6/7/2007)