50 milioni di documenti negati

ATTUALITA’ / Esiste un piccolo paese, in Germania. Si chiama Bad Arolsen – Bad come tutte le cittadine termali tedesche.Qui, in una vecchia caserma delle SS, viene ospitato l’International Tracing Service (Its), un istituto che dal Dopoguerra è divenuto punto di raccolta di un patrimonio di oltre 50 milioni di file riguardanti 17,5 milioni di vittime dell’Olocausto. È stato definito, a ragione, una «discarica di documenti»: 26 chilometri di scaffali contenenti schede anagrafiche, spostamenti di famiglie, filmati, libretti di lavoro, liste di convogli, informazioni sui prigionieri, documenti sulle attività della Gestapo, carte prelevate nei ghetti dell’Europa centro orientale e nei principali campi di concentramento, come Buchenwald, Mauthausen e Dachau. Non ultimi gli sfollati, i cosiddetti DP (displaced person), e tra essi criminali di guerra sfuggiti alla giustizia.Nel complesso un’incredibile quanto inedita raccolta di storie, e frammenti di storie. Come un mosaico che aspetta solo di essere ricomposto da storici e giornalisti. Infatti, fin dalla sua nascita, con gli Accordi di Bonn del ‘55, e ancora oggi, l’archivio può essere consultato esclusivamente dai familiari delle vittime o da coloro che ne sono stati delegati. Di rado sono state fatte eccezioni: per la stampa, e a titolo puramente illustrativo. Solo nel 2002 americani e israeliani hanno dato inizio a una campagna per l’apertura degli archivi – sulla base delle segnalazioni dell’Holocaust Memorial Museum americano, che riportava le difficoltà incontrate da sopravvissuti e familiari nell’ottenere informazioni dall’Its. Basta dare un’occhiata alla mole di petizioni online.Quando invece entreranno in vigore gli emendamenti firmati nel luglio 2006 dagli 11 paesi responsabili, questo patrimonio potrà finalmente essere accessibile al pubblico. In particolare, a ratifica avvenuta, ogni stato avrà a disposizione una copia digitale. Nel frattempo, nell’ultimo incontro della Commissione dell’Its si è stabilito che i file potranno già iniziare ad esser trasferiti presso quei paesi che ne hanno fatto richiesta, con l’impegno di rispettare l’embargo fino a processo di ratifica completato. Per ora Usa e Israele: l’Holocaust Memorial Museum e lo Yad Vashem di Gerusalemme si sono detti pronti a ospitare il materiale. Quest’ultimo, peraltro, l’unico ad avere avuto la fortuna, negli anni ’50, di microfilmarne una piccola parte.

(L’Espresso, 7/6/2007)